Stop alle chiamate insistenti dai call center. La Corte di Cassazione (sentenza n. 29292/2019 pubblicata il 04.07.2019 a seguito dell’udienza del 05.04.2019) ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal legale rappresentante di una società di «recupero crediti» che era stato condannato dal Tribunale di Teramo alla pena di € 300 di ammenda ed al pagamento delle spese processuali, «perché responsabile del reato di molestia e disturbo alle persone»; reato previsto e punito dall’art. 660 del Codice Penale. Contestualmente, il ricorrente era stato condannato al risarcimento dei danni – da liquidarsi in separata sede – arrecati alla persona offesa, costituitasi parte civile, ed alla rifusione delle spese legali della medesima. Con la successiva sentenza, la Suprema Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed all’ammenda di € 3.000.

Il legale rappresentante della società di recupero crediti è stato dunque ritenuto responsabile per le molestie telefoniche perpetrate dagli addetti al call center, concretizzatesi in una ventina di telefonate, nell’arco di tre mesi, verso il cliente moroso; il tutto poiché non vi è stata alcuna dimostrazione che la società di recupero crediti avesse posto in essere alcuna azione al fine di evitare l’invasività eccessiva delle iniziative nei confronti della persona offesa, finalizzate all’ottenimento del pagamento delle fatture insolute; secondo la Corte, le «insistite e pressanti iniziative finalizzate al recupero del credito […] anteponendo gli obiettivi di profitto al rispetto dell’altrui riposo ed a non essere disturbati […] integrano il “biasimevole motivo” richiesto dalla norma incriminatrice». L’art. 660 del Codice Penale così recita: «Molestia o disturbo alle persone – Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a cinquecentosedici euro.».

Di tanto in tanto qualcosa di buono esce dal “cilindro“ della Cassazione; anche se, ad onor del vero, esiste una sentenza analoga del 2000 (Cassazione Penale 7379/2000). Dovremmo quindi esser lontani dal trovarci sotto casa «el cobrador del frac», figura tristemente nota in Spagna ed in altri paesi europei: agente di recupero crediti vestito di nero, col frac, camicia bianca, papillon e bombetta.

Se siete stati o siete attualmente molestati da aziende addette al «recupero crediti» non esitate a contattarci.