15.09.2019 – Vorremmo essere brevi e chiari; ma non sarà possibile. La Cassazione – con due sentenze da sette pagine l’una e da nove pagine l’altra, oltre a rimandi ad altre sentenze per almeno duecento pagine – ha cercato di spiegarci che la questione della diffamazione (aggravata) è controversa e di non facile esegesi. Ed è così che – esprimendosi – la Corte ci ricorda che «secondo l’elaborazione della giurisprudenza di legittimità, il bene giuridico tutelato dall’art. 595 cod.pen., è l’onore nel suo riflesso in termini di valutazione sociale (la reputazione intesa quale patrimonio di stima, di fiducia, di credito accumulato dal singolo nella società e, in particolare, nell’ambiente in cui quotidianamente vive e opera) di ciascuna persona»; e che detto «interesse che può essere violato anche attraverso rappresentazioni offensive dell’onore ma che, al di fuori di tale evenienza, non ha autonoma rilevanza penale, integrando la lesione esclusivamente un illecito civile». Quanto alla nozione di “critica”, la stessa è «espressione della libera manifestazione del pensiero […]  della disputa e della contrapposizione, oltre che della disapprovazione e del biasimo, anche con toni aspri e taglienti, non essendovi limiti astrattamente concepibili all’oggetto della libera manifestazione del pensiero, se non quelli specificamente indicati dal legislatore. […] non è consentito attribuire ad altri fatti non veri, venendo a mancare, in tale evenienza, la finalizzazione critica dell’espressione, né trasmodare nella invettiva gratuita, salvo che la offesa sia necessaria e funzionale alla costruzione del giudizio critico.». « La critica postula, insomma, fatti che la giustifichino e cioè, normalmente, un contenuto di veridicità limitato all’ oggettiva esistenza dei dati assunti a base delle opinioni e delle valutazioni espresse ma non può pretendersi che si esaurisca in essi. In altri termini, come rimarca la giurisprudenza CEDU, la libertà di esprimere giudizi critici, cioè “giudizi di valore”, trova il solo, ma invalicabile, limite nella esistenza di un “sufficiente riscontro fattuale”.». Letta così, parrebbero non esservi dubbi sulle conclusioni cui pervenire. Tizio, all’epoca dei fatti Sindaco di Salice Salentino, attraverso un volantino fatto diffondere per la città per contraddire il deliberato del consiglio di istituto di una scuola primaria, situata all’interno di un fabbricato che, invece, l’amministrazione comunale intendeva destinare a poliambulatorio, rivolgendosi a due consiglieri di istituto, affermava che essi «anzi di perseguire, nel loro ruolo di rappresentanti dei genitori, l’interesse a un miglior andamento della scuola pubblica, cercano pavidamente, da quelle postazioni di fare becera battaglia politica», e li invitava a confrontarsi in luoghi pubblici piuttosto che continuare “a gettare fango. Evidentemente è quello l’ambiente in cui si trovano meglio“. Caio, invece, ex Presidente Regionale, aveva dichiarato – durante un’intervista – che «i crimini sono quelli dei radicali, maestri di manipolazioni e di menzogna». La sentenza 37864/2019 annulla la sentenza della Corte d’Appello impugnata da Tizio perché il fatto non sussiste; la sentenza 37858/2019 dichiara inammissibile il ricorso di Caio e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, oltre alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili, che liquida in euro tremila, oltre accessori di legge. Entrambe le sentenze sono del 23 Maggio 2019, pubblicate il 12 Settembre 2019.

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