Questa è l'intestazione
L’originaria contestazione di bancarotta fraudolenta documentale, riqualificata dal Giudice per l’udienza preliminare di Urbino in bancarotta semplice documentale, confermata dalla condanna di primo e secondo grado, non “tiene” al ricorso per cassazione proposto dal G.S., amministratore di una vetreria fallita nell’Aprile 2012. Il capo di imputazione vedeva una contestazione di bancarotta fraudolenta documentale perché le scritture erano state tenute in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, con la specificazione che tale anomalia riguardava, in particolare, la mancanza delle liquidazioni periodiche I.V.A. e l’inattendibilità dei bilanci anteriori a quello 2011, dove era per la prima volta emersa un’imponente perdita di esercizio. Tra i quattro motivi di ricorso, il G.S. «lamenta vizio di motivazione e violazione di legge perché i bilanci non rientrerebbero nella nozione di libri e scritture contabili prevista dalla legge ai fini dell’integrazione della fattispecie, circostanza già segnalata in appello, ma ignorata dalla Corte territoriale.». La Cassazione accoglie il ricorso (sentenza 37878/2019 pubblicata il 12.09.2019) condividendo il motivo della difesa: «Secondo la giurisprudenza di questa Corte che il Collegio condivide, infatti, il reato di bancarotta fraudolenta documentale non può avere ad oggetto il bilancio, non rientrando quest’ultimo nella nozione di “libri” e “scritture contabili” prevista dalla norma di cui all’art. 216, comma primo, n. 2, legge fall. Tale ragionamento può essere esteso alla bancarotta documentale semplice, dal momento che la norma punitiva utilizza le stesse nozioni cui è ancorata l’interpretazione citata. Si deve concludere, pertanto, che la sentenza impugnata va annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.».
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