La pena prevista è della reclusone da 2 a 6 anni - aumentata sino al triplo - e della multa da 927 a 1.500 €

10.09.2019 – Non è dato di sapere, al momento, quale sia stata la pena irrogata alla Signora L.F.; ciò che si sa con certezza è che la Corte di Cassazione (sentenza 37321/2019) ha rigettato il ricorso proposto, confermando quanto statuito dalla Corte di Appello di Palermo che l’aveva condannata per furto aggravato e continuato (artt. 81 c II, 624 e 625 n 2 c.p.) poiché «ritenuta responsabile di furto di acqua sottratto alla rete pubblica realizzato, come si evince dalla motivazione di entrambe le sentenze di merito, attraverso l’inserimento di una tubatura agganciata, da un lato, alla presa idrica della zona, con effrazione della stessa e, dall’altro, ad altri flessibili connessi con le tubature predisposte a servizio dell’abitazione dell’imputata, benché nessun contratto di fornitura risultava essere mai stato stipulato con l’A.M.A.P., ente fornitore.». Per detto reato, la pena prevista è della reclusone da 2 a 6 anni – aumentata sino al triplo – e della multa da 927 a 1.500 €. La Corte ha ritenuto sussistente l’aggravante della “violenza sulle cose“ esercitata dalla L.F. in quanto detta aggravante «sussiste ogniqualvolta il soggetto, per commettere il reato, fa uso di energia fisica diretta a vincere, anche solo immutandone la destinazione, la resistenza che la natura o la mano dell’uomo hanno posto a riparo o difesa della cosa altrui» condannando altresì la L.F. al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000 in favore della Cassa delle Ammende.

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Photo by Imani